domenica 26 gennaio 2014

Villa Sofia 27 luglio 2007











Villa Sofia è uno di quei luoghi di Palermo che a nessuno piacerebbe visitare. Il motivo è semplice: è un ospedale ed è uno di quegli ospedali siciliani con una brutta nomea, soprattutto se ti trovi lì per fratture o simili.
Il 27 luglio del 2007 uno dei letti del reparto di terapia semi intensiva della chirurgia d’urgenza di Villa Sofia è diventato il luogo dove ho passato i miei successivi 20 giorni sotto morfina. Tornando a casa in vespa speronato da un’auto (pirata - il conducente è fuggito) sono stato catapultato contro un albero è ricaduto sul marciapiede. In breve: 15 ossa fratturate, trauma cranico, lesioni a diversi organi, lesione del nervo radiale del braccio sinistro, lesione ad una vertebra, diaframma deformato…e credo basta. Ebbene, dopo questo preambolo nessuno si aspetterebbe di sentire che sono contento che mi sia successo. Invece mi trovo a considerare Villa Sofia come il luogo in cui la mia vita è cambiata, è il luogo in cui ogni cosa si è messa a posto. E non parlo delle mie ossa, ma del mio cervello.
Adesso non voglio dire che, uscito da lì, sapessi esattamente cosa fare, chi ero veramente o cose del genere, assolutamente no. Avevo capito però in modo chiaro ed assoluto che tutte le esperienze che la vita mi aveva portato fino a quel momento, un’infanzia felice, un’adolescenza adolescente ed una giovinezza da universitario-lavoratore ricca di gioie, in quel momento dovevano cominciare ad acquisire un significato.
Quel 27 luglio stavo morendo ed invece sono rinato. Sono la persona che sono grazie a quella esperienza ed ho la consapevolezza di essere ancora all’inizio di una fase di crescita personale che, spero, non si fermi mai. È chiaro che oltre al lato introspettivo, in questa vicenda è da considerarsi primario l’aspetto umano. Non dimenticherò mai l’affetto dei miei veri amici e la delusione per la distanza di altri che non lo erano “veri”, mio padre, mia madre e mia sorella che si meriterebbero una statua.

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