lunedì 22 settembre 2014

Breve monologo sul materasso - ovvero il primo post senza foto

Pochi giorni fa ho cambiato il materasso, un cambiamento ampiamente previsto, meditato, studiato.
Poche ore dopo aver consegnato quello vecchio al servizio rifiuti speciali ho cominciato a pensare a quel materasso arrotolato e legato con un pezzo di spago, in mezzo ad altri vecchi materassi. L’ho cominciato ad immaginare triste, come un cagnolino abbandonato.

Ho cominciato ad usarlo più di quindici anni fa quando ho voluto lasciare la mia stanza adolescenziale, e di conseguenza anche il materasso dell’adolescenza, per trovare una situazione abitativa più ampia ed intima.

Era un bel materasso, di quelli pesanti, con il lato estivo e quello invernale. Aveva una misura strana, era stato fatto, come quello nuovo, su misura, era una piazza e mezza francese (suona bene).

Non sono una persona attaccata alle cose, tantomeno uno tirchio ed ovviamente non penso neanche che un materasso possa provare dei sentimenti, dolore, piacere.

Però mi piace pensare che alcuni oggetti posseggano, in qualche modo, un’anima. Non un’anima propria, ma semplicemente una riflessa dal loro proprietario, ed il mio vecchio materasso, appunto, credo sia uno di quegli oggetti che merita un’anima riflessa.

Il mio materasso ha vissuto anni importanti della mia vita: con lui  ho pianto senza vergogna, ho urlato soffocando la mia voce nel cuscino, ho imprecato, ho battuto piedi e pugni.

Su di lui ho dormito sapendo che mio padre era in ospedale tra la vita e la morte e mia madre era sola nel suo letto.

Su di lui mi sono adagiato sconsolato, senza la forza di reagire. Su di lui sono stato sdraiato quasi un anno senza potermi muovere. Su di lui ho litigato al telefono, ho chattato su c6 (ricordi), ho letto Shakespeare ed Emingway, ho scoperto John Fante.

Su di lui c’ho dormito io, un sacco di miei amici e un sacco di miei non più amici (purtroppo).

Su di lui ho festeggiato la laurea, la specializzazione e l’ingresso al dottorato di ricerca. Su di lui mi sono dannato di non averlo finito quel cazzo di dottorato. In tutti questi casi lui mi ha accolto ubriaco fradicio senza lamentarsi dell’alito.

Su di lui ho amato follemente, mi sono divertito, ho preso in giro, sono stato preso in giro, ho desiderato in maniera folle, ho sofferto per amori non ricambiati e gioito per le conquiste inimmaginabili. Su di lui mi sono svegliato diverse volte pensando di avere la donna della vita al mio fianco per poi scoprire che quella giusta doveva ancora arrivare.


Lui è andato, magari già è cenere e molle incandescenti, ma adesso non importa più, perché l’ho fatto diventare contenitore sicuro di ricordi indelebili.

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